• Lorenzo Manenti
  • La dignità prima del pane
  • dal al
  • giovedì: -
  • venerdì - sabato: - / -
Inaugurazione:
A cura di:
  • Elisa Genna
  • Vittorio Urbani
Orarorio di San Ludovico:
  • Dorsoduro, 2552 (Calle dei Vecchi) - Venezia
  • Vaporetto n.6, 2, fermata San Basilio

Nuova Icona è lieta di annunciare nei suoi spazi presso l’Oratorio di San Ludovico, l’inaugurazione venerdì 25 ottobre della mostra personale di Lorenzo Manenti, “La dignità prima del pane”.

L’artista propone due serie di lavori (una selezione di), due tavole decorate, e un video. La serie “La dignità prima del pane” (2011 – 2013), prende spunto dai fatti della primavera araba, sottolineando come la grande rivolta popolare che ha avuto inizio in Tunisia nella primavera del 2010, sia scaturita dal desiderio di libertà e di riconoscimento della dignità umana, prima che dalla fame e dagli stenti.
Su un supporto ligneo l’artista lavora con vernici, acrilici, smalto e nastro isolante: un’estrema economia di mezzi per testimoniare la ricchezza decorativa e le profondità mistiche del mondo islamico. La grandezza di un popolo e della sua storia.
A sorreggere la tavola scarpe da ginnastica appaiate usate: sono le scarpe della battaglia che si combatte nei paesi arabi in abiti civili, comodi. Le tavole della serie “La dignità prima del pane” sono al tempo stesso metafore, ritratti, testimonianze.
Sul tema del vestiario insiste la serie “ADIDAS, war is casual” (2012 – 2013): fotografie di “reportage” dai campi di battaglia, che l’artista ha estrapolato dal web, loggato Adidas e ingigantito, trasformandole in ciniche reclame pubblicitarie. Qual è il senso di parole come “globalizzazione” o “democrazia”?

Un discorso a parte meritano le due tavole “Quando sarete innanzi a Dio” (2013) e “Dio+Dio+Dio+Dio” (2013), entrambe uno sviluppo della serie “La dignità prima del pane”. Il titolo della prima è un omaggio al film “Le Crociate” di Ridley Scott, in particolare al dialogo tra Re Baldovino IV il lebbroso e Baliano di Ibelin “...[...] Anche se coloro che presumono di muovervi sono Re o uomini di potere, quando sarete innanzi a Dio non potrete dire 'ma mi hanno detto gli altri di farlo' o 'non conveniva la virtù in quel momento', non sarà sufficiente..." La tavola riprende la decorazione di un reperto antico conservato al Museo Topkapi di Istanbul. Contiene il nome Alì ripetuto quattro volte in lingua cufica, l'arabo monumentale. Alì era cugino e genero del profeta. Alì è' l'ultimo dei quattro califfi ben diretti. Alì è uno dei 99 nomi di Dio e significa l'Altissimo. Egli avrebbe usato la spada del profeta, chiamata Dhù l-Fiqàr (Quella che discrimina): con questo si intendeva alludere alla capacità di Alì di sceverare il Vero dal Falso e il Male dal Bene. L’opera è quindi una riflessione sul Giudizio Finale, o meglio partendo dal concetto di Giudizio Finale, comune a tutte le religioni, è una riflessione sull’agire umano e sul significato di Bene e di Male, troppo spesso confusi e traditi, soprattutto nel rapporto tra Oriente e Occidente.
Manenti pone interrogativi che scavano nelle profondità dell’animo umano, e lo fa lavorando in maniera astratta e al tempo stesso rimanendo fedele ai modelli decorativi cui si ispira e indagandone i significati.
Lo ribadisce l’opera “Dio+Dio+Dio+Dio” (2013), dove la decorazione si rivela essere la ripetizione ritmata, salmodica, del nome dell’Altissimo.

A fare da sottofondo l’audio di un video (“Quando sarete innanzi a Dio”, 2013) che ritrae l’artista al lavoro accompagnato da una musica sacra armena. Si tratta di un lavoro fisico, ripetitivo, che arriva ad essere faticoso; ed è importante perchè il corpo viene a fare parte esso stesso dell’opera, come sacrificio a Dio o all’idea di Dio; è un atto di estrema umiltà in cui si riconosce il fedele di qualunque religione. Per questo la musica armena non contrasta con la decorazione islamica, che non contrasta con l’architettura cattolica dell’oratorio.